Coronavirus e invecchiamento della popolazione:

nuovi dati Istat

In questi giorni di assestamento post pandemico si comincia ad avere dati sufficienti per analizzare il comportamento del virus in maniera più completa, andando a esaminare punto per punto tutti gli aspetti interessati dal Covid-19.

Osservando i dati storici epidemiologi, come anche quelli attuali, emerge che le persone che muoiono di influenza, SARS e COVID-19 sono in maggioranza anziane, poiché – spiegano gli esperti – soffrendo di una o più condizioni croniche, di immunodepressione o altri fattori legati spesso all’età, gli adulti più anziani rischiano maggiormente di essere vittime di questi agenti patogeni.

IN ITALIA

L’ISTAT in collaborazione con l’istituto Superiore di Sanità ha pubblicato il primo rapporto sull’”Impatto dell’epidemia Covid-19 sulla mortalità totale della popolazione residente primo trimestre 2020”. Si tratta del primo caso in cui l’Istituto statistico diffonde uno studio con una base così amplia di comuni consultati, 6.866, ossia ben l’87% dei 7.909 complessivi.

L’ISS ha campionato i dati relativi alle informazioni anagrafiche, ai dati su domicilio e residenza, ad alcune informazioni di laboratorio e altre sul ricovero e stato clinico (indicatore sintetico di gravità della sintomatologia), oltre ai dati sulla presenza di alcuni fattori di rischio (patologie croniche di base) e l’esito finale (guarito o deceduto).

Grazie all’integrazione di questi dati è ora possibile valutare gli effetti dell’impatto della diffusione del Covid-19 sulla mortalità totale divisa per genere, età e diffusione territoriale.

IL CAMPIONE

L’analisi si basa su un campione di 31.851 pazienti deceduti e positivi all’infezione da SARS-CoV-2 in Italia di cui è stato possibile analizzare le cartelle cliniche.

Dei 14.324 decessi registrati al 31 marzo in persone diagnosticate con Covid-19 ne sono stati considerati in questa analisi 13.710 (96% del totale); gli 11.600 decessi non sono stati inclusi nello studio per mancanza di dati certi, ma la Sorveglianza Nazionale integrata Covid- 19 coordinata dall’ISS ha ipotizzato 3 possibili cause:

  • una ulteriore mortalità associata a Covid-19 (decessi in cui non è stato eseguito il tampone),
  • una mortalità indiretta correlata a Covid-19 (decessi da disfunzioni di organi quali cuore o reni, probabili conseguenze della malattia scatenata dal virus in persone non testate, come accade per analogia con l’aumento della mortalità da cause cardiorespiratorie in corso di influenza)
  • una quota di mortalità indiretta non correlata al virus ma causata dalla crisi del sistema ospedaliero e dal timore di recarsi in ospedale nelle aree maggiormente affette.

DATI DEMOGRAFICI

Le donne sono state le più colpite (52,8%) ma gli uomini hanno manifestato maggiore letalità e in tutte le fasce d’età, ad eccezione della fascia 10-19 anni e in quella over 90. In quest’ultima il numero di casi di covid nelle donne è risultato essere più del triplo rispetto ai coetanei uomini, ma questo dato è spiegato dal numero complessivo di donne di quella fascia che è comunque nettamente più alto degli uomini.

Ad ogni modo, la fascia d’età risultata più letale è quella degli uomini di 70-79 anni.

Dallo studio risulta che l’età media dei pazienti deceduti e positivi a SARS-COV-2 è 80 anni, per la maggioranza di sesso maschile 59,1%, dato stabile anche nel rapporto deceduti/ammalati: i pazienti che sono riusciti a guarire hanno in media 20 anni di meno (media di 62 anni ) dei deceduti (media di 82 anni ). Le donne decedute dopo aver contratto infezione da SARS-CoV-2 hanno un’età più alta rispetto agli uomini (età mediane: donne 85 – uomini 79).

PATOLOGIE PREESISTENTI

Il nuovo coronavirus è pericoloso per la popolazione più anziana, ma anche per coloro che soffrono di una o più patologie preesistenti, per le quali la malattia può seguire un decorso grave.

Su un campione di 3200 persone decedute e per le quali è stato possibile analizzare le cartelle cliniche, il 59,5% combatteva contro 3 o più patologie pregresse, ossia 1903 persone, 21,5% aveva 2 patologie, 14,9 1 patologia e solo il 4,1% dei decessi soffriva di altre malattie. In questo caso lo stesso trend ha coinvolto sia donne che uomini.

L’ISS ha diffuso anche le patologie preesistenti più mortali in compresenza di Covid-19:

  • Ipertensione arteriosa
  • Diabete Mellito – tipo 2
  • Cardiopatia ischemica
  • Fibrillazione atriale
  • Insufficienza renale cronica
  • Broncopneumopatia cronica ostruttiva
  • Cancro attivo ultimi 5 anni
  • Demenza
  • Scompenso cardiaco
  • Obesità
  • Ictus
  • Insufficienza respiratoria
  • Epatopia cronica
  • Malattie autoimmuni
  • Dialisi
  • Infezione da HIV

In questo screening di dati emergono però delle differenza tra donne e uomini, ad esempio la demenza nelle donne è risultata essere nettamente più mortale rispetto alla stessa malattia ma negli uomini, così come per l’ipertensione arteriosa, che rimane comunque la patologia più frequente dei decessi da Coronavirus ambosessi.

La cardiopatia ischemica, la broncopneumopatia e l’insufficienza renale cronica sono state invece maggiormente letali negli uomini affetti dal virus.

SINTOMI

I sintomi manifestati dai casi Covid-19 sono soprattutto febbre, dispnea e tosse, mentre meno frequenti diarrea ed emotisi. Solo il 5,7% delle persone ricoverate non presentava alcun sintomo.

COMPLICANZE

L’insufficienza respiratoria è stata la complicanza più comunemente osservata in questo campione (96,9% dei casi), seguita da danno renale acuto (22,3%), sovrainfezione (12,6%) e danno miocardico acuto (10,8%).

TERAPIE

Nell’86% dei casi, la malattia è stata curata con terapia antibiotica, meno usata quella antivirale e ancora meno frequente quella steroidea.

Il comune utilizzo di terapia antibiotica è spiegato dalla presenza di sovrainfezioni o compatibile con inizio terapia in pazienti ricoverati per polmonite e in attesa di tampone. In alcuni casi, il 22% del totale dei ricoveri, si è utilizzate tutte e tre le terapie.

TEMPI

Analizzando le cartelle cliniche è stato anche possibile rintracciare il tempo medio intercorso tra l’insorgenza dei primi sintomi e il decesso, pari a soli 11 giorni, dove 5 sono i giorni intercorsi tra l’insorgenza dei sintomi e il ricovero in ospedale e 6 i giorni trascorsi in ospedale prima del decesso.

CONCLUSIONI

Guardando i dati a livello macroscopico, possiamo concludere che il coronavirus è più letale nella popolazione anziana, sia per numero di contagi, sia per numero di decessi e il rischio di decesso aumenta con la co-morbilità di patologie preesistenti.

Questi risultati portano alcuni studiosi a giustificare il gran numero di contagi in Italia, uno dei paesi con un numero maggiore di popolazione anziana.

A tal proposito Joseph Coughlin, direttore dell’AgeLab al MIT – Massachusetts Insitute of Technology ha pubblicato ad inizio pandemia un articolo che analizza il rapporto tra le patologie contagiose e l’invecchiamento della popolazione a livello globale, confermando l’aumento di contagi/decessi per virus nella fascia più anziana della popolazione.

È stato così per l’epidemia di SARS del 2002-2003, che ha registrato un tasso di mortalità più elevato nei soggetti anziani over 65 anche per l’influenza che negli USA nel periodo 2017-2018 ha contato 50.903 morti over 65 su un totale di 61.099 complessivi.

Considerato il progressivo aumento della popolazione anziana globale, è lecito sospettare che in futuro le epidemie saranno responsabili di un numero maggiore di contagi/decessi.

Coughlin infatti spiega che “La fascia della popolazione che ha la maggiore crescita attualmente è quella 85+, questo significa che sempre di più le epidemie del futuro causeranno un maggior numero di persone affette in modo importante, non perché sono più severe, ma perché è più vasta la popolazione anziana sulla quale avrà effetti gravi.

Il rapido aumento del numero degli anziani, che costituiscono la popolazione più vulnerabile, diventerà un’incombente sfida per tutti i sistemi di salute pubblica nel mondo.”

 

Fonte: Istat