Infermiere di famiglia: una priorità per l’80% delle famiglie con anziani a carico

 

L’infermiere di famiglia è quella figura che si occupa dell’assistenza al paziente post dimissioni ospedaliere e lo segue rispettando le diagnosi e le terapie dei medici che lo hanno avuto in cura nella struttura.

Si tratta di dare una continuità assistenziale in cui il percorso di cura non termina con l’uscita dalla clinica, ma continua a casa con professionisti specializzati che, oltre a dare assistenza ai pazienti, facilitano la comunicazione tra le strutture ospedaliere, le strutture territoriali tra i medici di famiglia e gli altri attori dell’assistenza e coordinano le attività assistenziali a livello territoriale e domiciliare.

FORMAZIONE SPECIFICA DELL’INFERMIERE DOMICILIARE

Grazie al regolamento OMS del 2000 e la legge 43/2006 che ha riconosciuto questa professione come sanità pubblica, è stato possibile anche organizzare una formazione specifica in questo ambito e a dare il via a nuovi progetti in cui è riconosciuta la figura dell’infermiere di famiglia come riferimento per lo sviluppo e il potenziamento dei servizi territoriali di assistenza domiciliare, al fine di salvaguardare lo stato di salute dei cittadini.

«L’infermiere – spiega Cosimo Cicia del Comitato centrale della Federazione nazionale degli Ordini degli infermieri (Fnopi) – ha vissuto nell’ultimo decennio un forte processo di professionalizzazione nella gestione del paziente anziano (formazione accademica di base e post base, formazione permanente d’aula e on stage e di ridefinizione giuridico professionale), che lo pone nella possibilità di agire con nuove competenze e di assumere funzioni innovative come quella di ‘case manager’ per un efficace mantenimento della continuità assistenziale». «È la figura costantemente presente nei team assistenziali – prosegue Cicia – ed è colui che può ricoprire un ruolo significativo sia nella gestione della fragilità che della complessità evidenziata dalla persona assistita, in questo caso del malato anziano, nella sua presa in carico, promozione dell’auto-cura, supporto alla rete parentale, nonché mantenimento della continuità del percorso clinico assistenziale. L’infermiere geriatrico oggi è quindi il risultato di un processo clinico-assistenziale e sociale importante e in questo
senso deve essere sviluppata e codificata la specializzazione». 

In occasione del meeting di Rimini 2019, anche il presidente della Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche, Barbara Mangiacavalli, ha suggerito che il futuro della sanità moderna è da ricercarsi nelle micro equipe medico-infermiere di famiglia: “Il futuro del Servizio sanitario nazionale e quello di un’assistenza a misura di cittadino è nella multi-professionalità: ogni figura, ogni professionista della salute in questo gioca un ruolo essenziale e importantissimo perché il castello della salute sia stabile e indistruttibile e abbia come suo apice gli assistiti e il loro assoluto benessere. In questo ogni professionista è una carta importante, senza la quale il castello inesorabilmente crolla”.

Da recenti ricerche promosse dalla Federazione è infatti emersa una grande richiesta di continuità assistenziale-domiciliare con Infermieri di famiglia da parte degli anziani e delle loro famiglie, per sopperire alla difficoltà incontrata nel ricevere tempestivamente dal SSN alcune prestazioni sanitarie.

Anche per questo la priorità per il futuro è per quasi l’80% degli italiani l’istituzione della figura dell’infermiere sul territorio, analoga a quella del medico di medicina generale: l’infermiere di famiglia. Una figura molto apprezzata da tutti e su cui sono presenti due recenti proposte di legge in Parlamento. Questi professionisti, oltre a dare assistenza ai pazienti, possono facilitare il percorso tra le strutture ospedaliere, le strutture territoriali e, sul territorio, tra i medici di famiglia e gli altri attori dell’assistenza, e coordinare le attività assistenziali a livello territoriale e domiciliare. Tra gli obiettivi c’è la riduzione delle ospedalizzazioni evitabili e il ricorso improprio al pronto soccorso a favore dei pazienti.

INFERMIERE DI FAMIGLIA E COMMUNITY NURSE

La figura dell’infermiere di famiglia viene spesso scambiata per quella di “infermiere di comunità”: sebbene l’obiettivo comune sia quello di assistere il territorio in tutti i suoi bisogni primari, l’area di competenza di questi fattori è differente. Il community nurse agisce nella comunità, nelle scuole, in ambito prettamente extraospedaliero, ma non domiciliare, al contrario dell’infermiere di famiglia, che si reca fisicamente a casa dell’assistito, offrendo trattamenti medici, riabilitativi e infermieristici con l’obiettivo di ristabilire il quadro clinico della persona e offrire maggiore serenità al resto del nucleo familiare.

UN CASO DI SUCCESSO: L’IDF IN LOMBARDIA

Il primo caso in cui si ha traccia di infermiere di famiglia ha origine in Lombardia, a Varese, dove un gruppo di IdF ha aperto un vero e proprio ambulatorio, sulla base del concetto inglese di “generalist nurse”, una versione assimilabile al medico di famiglia.

Questi professionisti si occupano dei loro assistiti adattando un modello di assistenza personalizzata che congiunge la domiciliazione all’ospedalizzazione: si recano a casa degli utenti, erogano le prestazioni concordate preventivamente con i medici di famiglia o specialistici seguendo una rigida priorità. Inoltre, prendono in carico il soggetto già in fase di dimissioni ospedaliere e concordano con il personale medico i trattamenti da somministrare al singolo soggetto e la loro durata.

Con questo modus operandi si ottiene una continuità fra la presa in carico e l’assistenza domiciliare, oltre ad agevolare l’operato del Pronto Soccorso, dove spesso i pazienti si recano in extremis per porre rimedio a situazioni aggravate, che avrebbero potuto esser gestite in tempo con un infermiere di famiglia.