La geolocalizzazione in tempo reale salva vita

 

Quest’estate un caso di cronaca ha colpito l’opinione pubblica: si tratta della tragedia del giovane turista francese, che durante un’escursione in solitaria è caduto in un dirupo ed è stato ritrovato dai soccorsi ben 9 giorni dopo.

L’accaduto ha scatenato molte polemiche in quanto il ritardo dei soccorsi poteva essere evitato con un migliore sistema di geolocalizzazione per le emergenze, come indicato dalle normative europee, che lo rendono obbligatorio dal 2009.

“Se l’Italia avesse messo in pratica la direttiva recepita nel 2009, Simon Gautier sarebbe stato immediatamente geolocalizzato, soccorso in tempi rapidissimi, e forse con esiti ben diversi”, denuncia Mario Balzanelli, Presidente Nazionale della Società italiana 118.

Il problema – ci spiega Balzaneli – si è verificato a causa dell’assenza di sistemi di geolocalizzazione delle chiamate di emergenza che le centrali operative del 118 dovrebbero aver implementato nel loro sistema. In altre parole, il centralino, secondo la direttiva UE, dovrebbe essere in grado di rintracciare la chiamata.

Purtroppo al momento questa pratica non è utilizzata per problemi logistici e manca anche un qualche sistema tecnologico di Advanced Mobile Location (AML), che garantirebbe, anche in assenza di internet, di far partire parte automaticamente dallo smartphone di chi richiede il soccorso, un sms al 112 con le coordinate GPS corrispondenti alla posizione esatta del soggetto che sta chiedendo aiuto.

Anche Whatsapp sarebbe di aiuto, in quanto possiede la funzione che consente di individuare le coordinate da cui è partita la chiamata e potrebbe essere sfruttato in modo tale che l’operatore, nel momento in cui riceve la richiesta di aiuto, invii un messaggio Whatsapp alla vittima, la cui risposta dà il via al tracciamento.

E’ un sistema macchinoso ed esistono anche altre soluzioni di app di mobile healthcare già utilizzati dai servizi di soccorso con successo.

DALL’ESTERO

Nonostante sia chiaro che in questo i soccorsi italiani devono ancora provvedere, dall’estero ci arriva un altro caso in cui la geolocalizzazione in tempo reale avrebbe fatto la differenza.

Siamo nel Regno Unito, all’aeroporto di Heathrow precisamente, dove a inizio estate David Allan, malato di Parkinson e membro del consiglio di amministrazione del Parkinson nel Regno Unito, è stato costretto a strisciare appoggiato sulle mani e sulle ginocchia, senza i suoi farmaci e senza alcun tipo di assistenza.

LA VICENDA

David era rimasto qualche giorno a Londra per partecipare a una riunione e al momento del suo ritorno, ha scoperto che il suo volo per Edimburgo era stato cancellato. Costretto a rimanere in aeroporto fino al giorno dopo, ha realizzato di aver finito le sue medicine essenziali, nello specifico di 27 compresse da assumere regolarmente. Ha richiesto aiuto al 111, numero di emergenza del SSN inglese, ma non ha ricevuto alcun tipo di assistenza a causa di ambiguità delle responsabilità assistenziali all’interno della struttura.

Debilitato dall’attesa, prodotta anche dell’effetto calante dei farmaci assunti fino a quel momento, ha raggiunto le farmacie di Heathrow, che però erano sprovviste di quanto aveva bisogno.

Ha deciso così di ritornare in aeroporto, ma a causa delle condizione di affaticamento, si è accasciato per terra e ha raggiunto i controlli di sicurezza strisciando su mani e ginocchia, cosa che ha insospettito le guardie e che lo ha portato a dover subire un controllo più approfondito.

Allan ha spiegato: “Sono incline a cadere a causa del mio Parkinson – specialmente quando sono fuori – quindi quel viaggio attraverso un aeroporto affollato è stato estremamente difficile perché avevo paura di cadere. Le precedenti cadute mi avevano portato a fratturare entrambi i fianchi e quindi a farli sostituire entrambi. Ho avvisato la sicurezza che avevo i fianchi di metallo e che avrei fatto partire i rilevatori. Ma ero in uno stato tale – tremante, con vertigini e strisciante – che la sicurezza ha deciso che stavo agendo con sospetto e mi ha preso da parte per ulteriori controlli.” E ha aggiunto la sua indignazione nei confronti della compagnia aerea e dell’assistenza dell’aeroporto, rimasti insensibili davanti alla sua condizione di emergenza.

Annie Macleod, direttrice scozzese dell’associazione Parkinson del Regno Unito, ha commentato così l’accaduto: “Il trattamento di David – ha affermato – da parte della compagnia aerea, degli aeroporti e del SSN è completamente scioccante e inaccettabile. È incredibile che le aziende possano essere così insensibili e carenti nella comprensione del Parkinson e dell’impatto del non avere i farmaci. L’associazione Parkinson del Regno Unito chiede a tutti i soggetti coinvolti di rivedere e migliorare i propri processi quando hanno a che fare con persone con il Parkinson”.

Allan ha concluso dicendo che d’ora in avanti porterà sempre con sé una dose extra di medicinali, ma questo può essere facilmente evitato se avesse avuto un sistema di assistenza personalizzato.

l casi di Allan e Simon ci danno conferma che una medicina personalizzata e slacciata da confini territoriali fa davvero la differenza. Un sistema di geolocalizzazione con assistenza su rete mobile avrebbe garantito ad entrambi di ricevere soccorso e assistenza in tempo reale.

Lo abbiamo raccontato con il caso di Sandro Paffi, motociclista affetto d Parkinson, che in giugno è partito in sella alla sua moto per un lungo viaggio ed è stato assistito a distanza dalla squadra di MyMedBook, e grazie alla app ha avuto accesso costante a tutti i dati sanitari e all’eventuale richiesta di aiuto o consulto.

Purtroppo non ci è possibile cambiare l’esito di questi casi, né modificare i regolamenti in corso, ma proprio in virtù di problematiche analoghe, lavoriamo per offrire ai nostri assistiti una assistenza a 360° tutto l’anno e in qualunque luogo si trovino.

 

Per info www.mymedbook.eu