Osteoporosi: fenomeno in aumento tra gli ultrasessantenni

 

In occasione della Giornata Mondiale per la lotta all’osteoporosi, il Dott. Prisco Dr Prisco PISCITELLI, medico epidemiologo dell’Istituto Scientifico Biomedico Euro Mediterraneo (ISBEM) di Mesagne nonché Vice Presidente della Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA) di Milano riporta alcune considerazioni emerse all’interno dell’ analisi dei dati ospedalieri conservati nei grandi database sanitari.

ALCUNI DATI 

Dal 2000 ad oggi, più di un milione e mezzo di persone ultra ultrasessantacinquenni si sono fratturate il femore a causa dell’osteoporosi. Questo dato complessivo è in crescita costante, avendo raggiunto quasi 100.000 ricoveri all’anno per questa grave problematica dell’anziano (+20% nelle donne e addirittura +30% nei maschi).

Due fratturati su tre hanno più di 80 anni e quattro volte su 10 riguarda una donna oltre gli 85 anni di età. Però, l’incremento maggiore del numero di fratturati si registra nei maschi, forse perché si tratta di un problema sottovalutato nel sesso maschile (stesso errore che si fa per il rischio d’infarto nelle donne in post-menopausa).

“Con la nostra analisi dei grandi database sanitari – cioè grazie alle schede di dimissione ospedaliera (SDO) che rientrano a pieno titolo nei cosiddetti BIG DATA – abbiamo dimostrato che dopo i 70 anni di età le fratture di femore sono una causa di ospedalizzazione di gran lunga superiore all’infarto”.

L’IMPATTO DELLA PATOLOGIA SUI COSTI DELLA SANITA’

Riporta Piscitelli, che i costi sanitari delle fratture femorali negli ultrasessantacinquenni in Italia causate da osteoporosi, hanno toccato il miliardo di euro l’anno, superando i costi di tutti gli infarti acuti del miocardio che si verificano oltre i 45 anni di età.

Nell’arco temporale analizzato, dal 2000 ad oggi, i costi sanitari sostenuti per ricoveri, interventi e riabilitazione del paziente hanno raggiunto i 18 miliardi complessivi, a cui si aggiungono 2 miliardi per le pensioni d’invalidità pagate dall’INPS.

È un quadro che fotografa 20 anni circa, drammatico, se ci soffermiamo sugli esiti infausti che si hanno dopo una frattura (400.000 decessi e 200.000 casi di invalidità permanente).

PANORAMICA DEMOGRAFICA DEI SOGGETTI INTERESSATI 

I dati che sorprendono di più riguardano l’età dei soggetti:  l 68% delle fratture si verifica dopo gli 80 anni e in particolare il 40% in donne ultra-ottantacinquenni che rappresentano però solo il 4,4% della popolazione italiana. Sorprende che il 17% delle fratture femorali si registri negli ultranovantenni che ammontano appena all’1,1% della popolazione.”

Rispetto agli inizi degli anni 2000, le fratture femorali stanno dunque diventando sempre più un problema del grande anziano. Infatti, se il dato complessivo delle fratture aumenta fino a superare i 100.000 casi/anno contro gli 89.000 del 2000 lo si deve soltanto all’incremento dei fratturati oltre gli 85 anni di età. Il 50% delle fratture di femore si registrano negli ultra-ottantacinquenni, con un incremento medio annuale più che doppio nei maschi (+5%) rispetto alle donne (+2,4%). In tutte le altre fasce di età si registra, infatti, una diminuzione di ricoveri per frattura femorale, che avevamo già evidenziato per le donne tra i 65 e 74 anni a partire dal 2004.

UNA NUOVA RICERCA LASCIA UNO SPIRAGLIO APERTO

Un nuovo studio pubblicato su Archives of Osteoporosis  rivista medica edita da Springer Sciencec e Bussiness Media  e curato dell’Istituto Isbem, sotto la supervisione scientifica del Prof. Umberto TARANTINO del Policlinico Universitario Torvergata di Roma, ha evidenziato un trend di riduzione.

“Le fratture tra i 75 e gli 84 anni di età sono passate da quasi 31.500 del 2007 a meno di 30.000 nel 2014. Le fratture in questa fascia di età più avanzata diminuivano in tutte le regioni fino ai 79 anni di età, con delle eccezioni tra gli 80 e gli 85 anni limitate a Campania (+43.5%), Calabria (+43%), Puglia (+28%) e Lombardia (con +29% in quest’ultimo caso spiegabile per sole motivazioni demografiche). Al contrario, in Lazio le fratture diminuiscono anche dopo gli 85 anni di età.  Emerge così una considerazione positiva: infatti, tali dati lasciano pensare che, negli ultimi 2 decenni, c’è stato un aumento di consapevolezza, una migliorata assistenza specialistica e una prevenzione più praticata in tema osteoporosi”.

FATTORI AMBIENTALI E OSTEOPOROSI

I rischi associati a queste condizioni includono, tradizionalmente, l’età, una ridotta attività fisica e il fumo, ma la Prof. Elena COLICINO del MOUNT SINAI Hospital di New York e componente del Comitato Scientifico SIMA – afferma che “recenti studi hanno indicano che anche le esposizioni ambientali sono associate a queste condizioni. L’inquinamento atmosferico (il particolato con un diametro minore di 2.5 micron) è stato recentemente associato con un incremento di tasso di ospedalizzazione per fratture femorali e di polso in 9 milioni di americani con più di 65 anni (Prada et al. 2017 Lancet Planetary Health) e in 6000 norvegesi (Alver K et al. Osteoporos Int. 2010)”.

Inoltre una cattiva qualità dell’aria (con elevati livelli di PM2.5, PM10 e black carbon) è stata associata ad una riduzione della densità ossea in uno studio condotto sia su uomini di mezza età (Prada et al. 2017) che su uomini tra 75 e 76 anni (Alvaer K et al. Osteoporos Int. 2007; 18:1669–74.)”.

Altri fattori ambientali — tra cui Il piombo, il mercurio, e il cadmio — hanno inoltre mostrato di contribuire alla demineralizzazione ossea e ad un piu’ alto rischio di osteoporosi. (Engstromet al. 2011; Khalilet al. 2008; Pollacket al. 2013; Pradaet al. 2017). Si affacciano anche nuove esposizioni chimiche (PFAS) — principalmente presenti nei packaging alimentare, nel pentolame come inquinanti indoor — che agendo sulla Sistema endocrino modulano gli ormoni e hanno un impatto sulla salute delle ossa, provocando una riduzione della densita’ e osteoporosi principalmente nelle donne in menopausa (Khalil, N.; Chen, A.; Lee, M.; Czerwinski, S.A.; Ebert, J.R.; DeWitt, J.C.; Kannan, K. Association of Perfluoroalkyl Substances, Bone Mineral Density, and Osteoporosis in the U.S. Population in NHANES 2009-2010. Environmental health perspectives 2016;12)”.

Tutti questi risultati indicano che tra i possibili rischi della decalcificazione e delle fratture ossee si devono includere anche fattori ambientali per cui si rendono necessari ed urgenti cambiamenti tecnologici e politici volti a ridurre le emissioni atmosferiche che sono riconosciute dannose. Infatti, per la sanità pubblica cioè le casse dello Stato, essi hanno un impatto economico di grande rilevanza anche per l’osteoporosi” conclude il Prof. Alessandro MIANI, Presidente della SIMA, società scientifica che opera in tutto il territorio nazionale.

Per approfondire l’argomento e avere maggiori informazioni riguardo le attività di ricerca dell’Istituto Scientifico Biomedico Euro Mediterraneo – Isbem , vi invitiamo a visitare la pagina:

http://www.isbem.it/index.php/slide-show/320-a-proposito-della-giornata-mondiale-per-la-lotta-all-osteoporosi-20-ottobre-2019-pure-l-ambiente-impatta-sulla-densita-ossea