Impariamo a conoscere cos’è questa malattia di cui soffrono circa 230.000 persone in Italia.

 

In questo anno di attività abbiamo avuto modo di approfondire questa patologia, grazie anche a quello che ci ha insegnato Sandro Paffi, in occasione del suo progetto di affrontare a muso duro il Parkinson con lo sport e il motociclismo.

 

Se vi siete persi questo incredibile racconto, potete recuperarlo qui.

 

La prima cosa che Sandro ci ha spiegato e che a volte si sottovaluta, è la conoscenza piena della malattia, una consapevolezza che va oltre i concetti di sintomi, cause e cure.

“E’ fondamentale” – dice Sandro – “non lasciarsi spaventare e non abbandonarsi passivamente alla malattia, ma prendere coscienza della nuova condizione e rispondere con determinazione, facendo aderire le proprie abitudini senza modificarle.

Non una cosa facile – è vero – ma procediamo con ordine. Impariamo a capire davvero di cosa si tratta e cosa possiamo fare di più.

Parole chiave che vi aiuteranno a fare chiarezza sono: James Parkinson, dopamina, fattori tossici, esposizione lavorativa, asimmetria, bradicinesia, acinesia, sport, vergogna.

DOPAMINA

Il Parkinson è una malattia neurodegenerativa, dove “neuro” indica chiaramente un riferimento al luogo dove si origina il deficit: il cervello, in particolare le aree profonde che sono coinvolte nella corretta esecuzione dei movimenti.

La malattia si manifesta in presenza di un consistente calo della produzione di dopamina, un neurotrasmettitore rilasciato dal mesencefalo, che svolge la funzione di trasmettere l’indicazione del movimento al corpo. Quando la dopamina viene prodotta in minor quantità, la trasmissione viene rallentata e i movimenti possono diventare rallentati o non coordinati. D’altra parte, un eccesso di dopamina, induce l’organismo a fare movimenti inutili come tic ripetitivi.

La dopamina viene rilasciata durante situazioni piacevoli e stimolanti, e a sua volta induce la ricerca di attività o l’occupazione soddisfacente.

Il suo calo deriva dalla degenerazione di neuroni in un’area chiamata Sostanza Nera e determina la perdita cellulare di oltre il 60% dall’inizio dell’insorgenza, che di media si manifesta 5 anni circa prima che i sintomi divengano evidenti, durante la fase detta “preclinica” (arco temporale che intercorre tra l’inizio della degenerazione neuronale e l’esordio degli effetti motori visibili).

IN ITALIA

Si stima che in Italia 230.000 persone soffrano di Parkinson, con una prevalenza degli uomini sulle donne e una frequenza di 1,5-2 di uomini colpiti, rispetto alle donne.

L’età media di comparsa dei sintomi è intorno ai 60 anni, sebbene sia possibile l’esordio precoce nel 5% dei pazienti tra i 21 e i 40 anni. Prima dei 20 anni è estremamente rara, mentre è chiaro che l’incidenza aumenta con la maggiore età: sopra i 60 anni viene colpita l’1.2% della popolazione, valore che triplica nei soggetti ultraottantenni.

JAMES PARKINSON

La prima attestazione ufficiale che si ha del morbo risale a al XIX secolo, quando James Parkinson, farmacista e chirurgo londinese, descrisse per primo gran parte dei sintomi nel suo “Trattato sulla paralisi agitante”, un libello che faceva chiaramente riferimento ai disturbi rilevati nel controllo dei movimenti.

I primi sintomi tuttavia, sono stati descritti anche molto tempo prima, intorno al 5000 AC in uno scritto di medicina indiana e circa 2500 anni fa in un’altra attestazione di origine orientale.

FATTORI TOSSICI

Siamo ancora lontani dal riconoscernee le cause, ma sembra che vi siano principalmente due fattori origine:

Fattori genetici: circa il 20% dei pazienti affetti presentano una storia familiare positiva alla malattia e si stima che i familiari dei soggetti affetti da Parkinson, siano più sensibili al rischio di sviluppare la patologia.

Fattori tossici: il rischio di insorgenza aumenta con l’esposizione a tossine quali pesticidi, solventi e metalli pesanti come ferro, zinco e rame, con cui i soggetti possono aver preso contatto in ambito professionale.

ASIMMETRIA

Il morbo di Parkinson genera diversi sintomi, non sempre visibili nella fase iniziale e si presentano in modo asimmetrico, colpendo maggiormente un lato del corpo, rispetto all’altro.

TREMORE INTERNO E A RIPOSO

Il tremore a riposo non è presente in tutti i pazienti e soprattutto, non sempre viene riconosciuto come disturbo nella fase preclinica, perché si manifesta in modo subdolo, incostante ed estremamente lento.

Si presenta come un’oscillazione di cinque-sei movimenti al secondo e si può osservare sia a riposo, sia quando il soggetto è in movimento. Per quanto il tremore a riposo sia una condizione invalidante, la principale causa del disturbo nella qualità della vita del paziente, deriva da una sensazione non visibile di “tremore interno”, che viene avvertita già nelle fasi iniziali della malattia.

E’ una sensazione che interferisce con la percezione distinta di stasi e movimento, fondendole in un’unica condizione in cui entrambe permangono e determinano una generica sensazione di disagio.

RIDIGITA’

Proprio questa condizione complessa depista in fase di insorgenza dal riconoscere un altro sintomo congiunto: una rigidità del muscolo provocata da un aumento del tono muscolare.

La manifestazione di rigidità agli arti, al collo e al tronco spiega la riduzione dell’oscillazione pendolare degli arti superiori durante il cammino.

BRADICINESIA, ACINESIA e IPONIMIA

La bradicinesia è un rallentamento nell’esecuzione dei movimenti, che si manifesta con maggior evidenza nei gesti che richiedono una manualità precisa, come la scrittura.

L’acinesia al contrario è la difficoltà nel dare forma all’intenzione di compiere movimenti spontanei.

Entrambe le disfunzioni convivono simultaneamente nel soggetto e possono sovrapporsi ad altri sintomi a essi collegati, quali l’ipomimia, ossia la riduzione delle microespressioni facciali e la scialorrea, un aumento della produzione salivare, dovuta al rallentamento dei muscoli coinvolti nel processo di deglutizione.

DISTURBO DELL’EQUILIBRIO E DELLA POSTURA

Questi disturbi si presentano tardivamente nel corso della malattia e coinvolgono l’asse del corpo. La loro causa proviene dalla riduzione dei riflessi che posizionano in maniera retta la corporatura e causano la mancanza di autocorrezione di eventuali squilibri. Si manifesta quindi una postura errata non spontanea che culmina talvolta nella “sindrome di Pisa”, un atteggiamento posturale in cui il tronco pende da un lato.

I deficit nel mantenere l’equilibrio aumentano il rischio di caduta e possono essere parzialmente corretti se si sottopone costantemente il fisico a costanti esercizi di fisiochinesiterapia, in funzione del fatto che la terapia dopaminergica-farmacologica ha un impatto nullo su questi specifici disturbi.

FENOMENI CORRELATI

Nella malattia di Parkinson si possono presentare anche fenomeni correlati non motori, che esordiscono anche molti anni prima della comparsa dei sintomi motori.

Si annoverano tra questi disturbi dell’olfatto, del sonno, dell’umore, della cognitività, dell’ansia, della pressione arteriosa, dell’apparato urinario e stipsi.

TERAPIE EFFICACI NON FARMACOLOGICHE

Insieme con la terapia farmacologica è stato riscontrato in più casi un effetto positivo dello sport nei soggetti affetti dal morbo. Risulta infatti, che la stimolazione cognitiva ed emotiva in attività ginnica aiuti a conservare le condizioni di salute e a ritardare la degenerazione invalidante.

Questo accade probabilmente in seguito alla produzione di dopamina che viene, appunto, generata quando si è soggetti ad attività piacevoli che stimolano dinamismo cognitivo e provocano soddisfazione.

In particolare, molti soggetti riferiscono che il Thai Chi, la Boxe e le arti marziali migliorano l’instabilità posturale e allenano i riflessi che sono destinati ad affievolirsi; la danza e il ballo da sala, invece, affinano la deambulazione e i disturbi del cammino.

Molto spesso questa strada non viene presa in considerazione dai soggetti affetti Parkinson e si limitano a seguire la terapia farmacologica.

E’sempre più frequente il fenomeno della vergogna e del nascondere la propria condizione agli altri o addirittura l’atteggiamento a non accettare la nuova condizione, ritardando l’inizio delle cure.

 

Mantenere alta la motivazione e la determinazione, nonché la conservazione attiva degli interessi seguiti durante il proprio percorso di vita, incidono notevolmente sulla qualità della vita ed evita l’insorgenza di apatia e dei disturbi dell’umore come la depressione.